Terra Gemella e altre fiabe

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Hilary Putnam
 
L'esperimento mentale di Terra Gemella, comparso nell'articolo del 1973 Meaning and Reference del filosofo americano Hilary Putnam, è uno dei più celebri della filosofia analitica. Nasce per illustrare la sua posizione nota come esternalismo semantico, posizione che egli stesso sintetizza nella ormai celebre frase 'meanings' just ain't in the head.

Se i significati delle cose non sono nella testa, allora dove sono? Nelle cose, risponde Putnam. Questa posizione è controversa - e per capire quanto sia controversa basta seguire un qualsiasi corso di filosofia del linguaggio, cosa che ho fatto questo semestre - ma ritengo che sia difendibile, anzi che vada difesa. La difenderò non mostrando che è compatibile con la teoria dei designatori rigidi di Kripke o evidenziandone le somiglianze con le posizioni realiste della metafisica classica, perché sono tutti compiti inadatti alle mie capacità e poco interessanti per i due amici e quattro bot russi che leggeranno questo post; quello che voglio fare è presentare molto velocemente l'esperimento mentale e poi fornirne una mia versione con lo scopo di mostrare che esso si basa su intuizioni comuni non solo ai filosofi analitici ma anche al pubblico delle fiabe, pubblico notoriamente metafisico quale è quello fanciullo.

Terra Gemella è il seguente esperimento: Terra e Terra Gemella sono due pianeti identici in tutto (hanno i broccoli, gli uomini, i parlanti giapponese e italiano) tranne che per il liquido con cui si fa la doccia, il té, che si beve e che sta nel mare, che su ambedue ha nome acqua ma che sulla Terra ha struttura H2O mentre su Terra Gemella ha struttura XYZ. I liquidi hanno proprietà emergenti identiche; io, ignaro di chimica, mi reco in visita su Terra Gemella, e constato che hanno anche loro l'acqua. Ci mando il mio amico Giacomo, appassionato di chimica, ed egli constata: che strano, non hanno l'acqua, ma hanno XYZ. La domanda che ci facciamo: sono entrambe 'acqua' nello stesso modo? ha per Putnam risposta negativa. Ritorniamo un attimo nel 1750, ci dice Putnam. A quel tempo il mio amico Giacomo avrebbe anche egli, con le sue competenze ancora alchimistiche più che chimiche, confuso l'acqua e l'acqua gemelliana. Ma le acque erano uguali? Qui la risposta riusciamo a darla anche noi senza riflettere troppo: no, solo parecchio somiglianti.

Messi a confronto con questo esperimento mentale, soprattutto di fronte alla prima parte, il pubblico moderno e adulto difficilmente è convinto. Sembra troppo semplice, ci viene voglia di postulare possibili "cambiamenti di significato", "slittamenti", etc. etc. Tornate ora un momento bambini, e leggete con i vostri occhi di una volta la mia versione dell'esperimento:

C'era una volta una principessa, chiamiamola la principessa Laura (pronunciatelo all'inglese) da Garlic. Era molto bella e molto dolce, tanto che il principe Giovanni da Rovereto se ne innamorò perdutamente. Ora, cari lettori, una volta le cose non erano così facili come oggi, che scaricavi Tinder o ti scrivevi su Instagram, soprattutto alla corte del regno di Garlic. Il principe dovette seguire il classico e laborioso iter: conquistare la principessa (facile, i principi sono sempre belli nelle favole, tranne che in quelle in cui il principe è un ranocchio), chiedere la mano a re Paolo da Garlic... faccenda questa più complessa. Re Paolo disse, come da tradizione: "chi la prova vincerà / mia figlia sposerà / trallallerotrallallà / la prova è questa qua:" e via con altre assonanze. In pratica Giovanni da Rovereto doveva distinguere la figlia dalla sua sorella gemella cattiva ma grande attrice (perché una sia venuta buona e una cattiva non è chiaro, è una fiaba fanciulli miei). Chiaramente la gemella cattiva fa di tutto per emulare la sorella ma per qualche motivo Giovanni da Rovereto sceglie bene e si sposano felici e contenti.

Che Laura da Garlic e la gemella cattiva avessero le stesse proprietà emergenti è chiaro a qualunque bambino capisca la favola - spero anche a voi, che non siano la stessa persona è chiaro a tutti - sennò la prova non avrebbe senso ma voi la storia l'avete capita. Quindi Laura da Garlic è quella lì e non una descrizione, è una persona, è, come direbbe Kripke, un designatore rigido, come direbbe Aristotele, una sostanza.

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